venerdì 13 agosto 2010


















Poi che scostate avea le foglie
Buie di sopra l’acqua io rimirava
Me come in ispecchio al lume
De la luna diaccio, i’ medesmo
Pareami riverberato enimma
E carnosa imago tremolar
Pel vento, mezzo il frondoso
Portento ch’à selva per nome.


Sovente in queste rive,
Che, desolate, a bruno
Veste il flutto indurato, e par che ondeggi,
Seggo la notte; e su la mesta landa
In purissimo azzurro
Veggo dall'alto fiammeggiar le stelle,
Cui di lontan fa specchio
Il mare, e tutto di scintille in giro
Per lo vòto seren brillare il mondo.




Salgo ove il denso bosco cessa
e tutto impietra e ogni cosa
è acuta e dura e diaccia;
immenso il silenzio intorno,
ruinano i borri sanza fine
fondi, le nevi immani, i ghiacci
di romore privi ; sola
si scote lungi la selva di soni
fitta, e dole gli occhi il sole
a la sua vista.


Questi alcuni dei brani declamati dalla voce, irrimediabilmente perduta, di Carmelo Bene, durante la sua ultima, memorabile, apparizione televisiva, brani dopo il quale affermava:
“Io non sono, io non esisto: significo all’infinito; come Dante e Campana, come Leopardi e il Silvestre, il resto è men che niente: è rappresentazione.”
Nel lungo saggio scritto a quattro mani da Jean Baudrillard e Giorgio Agamben (In ascolto dell’inaudito. Per un’analisi del Carmelo Bene televisivo), saggio che costituisce l’introduzione ai testi delle apparizioni di Bene sui canali Mediaset (il volume è stato pubblicato, nel 2002, come prestigiosa strenna natalizia della medesima azienda, per i tipi Luigi Berlusconi Editore, con il titolo La Televisione fa Schifo, dunque è la Casa dell’Essere, affermazione televisiva dello stesso Bene), a p. XLI possiamo leggere:
“In Carmelo Bene l’opposizione linguistica di significante e significato, declinata nella sua forma più esasperata, ovvero passata attraverso la lezione della psicanalisi di Lacan, sembra riprendere –ci verrebbe da dire resuscitare- in senso estetico-esistenziale la contrapposizione scolastica, e prima ancora averroistica, di natura naturans (il Dio infinito e creatore) e natura naturata (il creato de-finito, de-terminato). Con queste premesse teoriche risulta ineluttabile l’incontro di Bene con poeti quali Campana e l’Anonimo del Silvestre, cantori, con diverso stilema (la Notte in un caso, la Selva nell’altro) della medesima femminile “radice” “sanza requie” produttiva, per usare locuzioni del Silvestre.”

By M.A.

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