venerdì 30 dicembre 2016



La Madre-Materia-Terra di cui parla Bachofen, principio sessuale e spirituale che informa hegelianamente un'epoca ed una civiltà -e che sembra riprendere l'hegeliano in sé- viene reinterpretato da Jung come Inconscio; parallelamente lo Spirito-Padre -qui Bachofen è più vicino lessicalmente al filosofo tedesco- diviene in Jung CoscienzaDalla Madre-Inconscio sorge dunque secondo Jung lo Spirito-Coscienza, che deve assumere come proprio questo fondo insondabile e insuperabile, alimentandosene, nutrendosene, facendo scorrere la sua energia vitale nelle proprie forme, senza riconfluire in esso. Jung sembra rappresentare questo confronto dell'individuo con l'Inconscio come lotta, scontro, e trova nella figura dell'eroe che si batte con il mostro il suo simbolo. Questo scontro non si conclude però con la distruzione, con l'annientamento della dimensione inconscia: al contrario, si tratta come detto di riconoscerla come fondante, utilizzandone quale inesauribile risorsa la straordinaria energia. Sarebbe interessante raffrontare il rapporto agonistico Conscio/Inconscio tratteggiato da Jung, con quello, altrettanto agonistico e insuperabile, tra Terra e Mondo che Heidegger presenta in Origine dell'opera d'arte. Ugualmente suggestivo sarebbe poi il raffronto tra Jung ed Evola, nella reinterpretazione appropriativa in chiave moderna vuoi della tradizione sapienziale d'occidente, vuoi del pensiero orientale. Una reinterpretazione quella di Evola che conserva la sua radice idealistico-hegeliana, per quanto fortemente mescolata alle correnti dell'irrazionalismo reazionario, nel primato del Maschile-Spirito che virilmente vince e domina la Materia, il Femminile, l'Inconscio, nega cioè e soggioga questo unico antitetico principio.





Mise au jour



Direttamente dal quel testo miniera che è per me Libido, simboli e trasformazione, poi Simboli della trasformazione, di Carl Gustav Jung, riguardo -se non altri- il sottoscritto:

"Il simbolismo dell'acqua e dell'albero designa ugualmente la libido ancorata all'imago della madre. In alcuni passi fondamentali dell'Apocalisse traspare questa nostalgia e quest'anelito alla madre."

"Il significato materno dell'acqua è una delle interpretazioni simboliche più chiare della mitologia. Gli antichi Greci dicevano: Il mare  è simbolo della nascita. Dall'acqua viene la vita."

 "Nei sogni e nelle fantasie il mare, o una qualsiasi vasta distesa d'acqua, significa l'inconscio, in quanto quest'ultimo -specie nell'uomo- può essere considerato madre o matrice della coscienza. In tal modo l'inconscio, quando interpretato in riferimento al soggetto, ha al pari dell'acqua significato materno. 
Un significato materno frequente quasi come quello dell'acqua è il legno di vita e l'albero di vita."

"La forza vitale psichica, la libido, prende il simbolo del sole, ed oltre al sole anche la sessualità può essere utilizzata per simboleggiare la libido."

"Gli aspetti più svariati della forza vitale psichica, dell'elemento "straordinariamente potente", della personificazione del concetto di mana convergono nella figura del dio indù Rudra: il sole fiammeggiante, dal bianco splendore, lo splendido elmo, il toro possente procreatore.
La libido si esprime anche nell'immagine del sole, della luce, del fuoco, della sessualità, della fertilità e della crescita." 

"I simboli non sono già i segni o le allegorie che stanno per qualcosa di conosciuto, essi tentano al contrario di indicare qualcosa di poco conosciuto, o di completamente sconosciuto. In questo regno cessa il significato stabile delle cose. Qui l'unica realtà è la libido."

"Esso -il simbolo- convince in virtù del numen, cioè dell'energia specifica propria dell'archetipo. L'esperienza dell'archetipo non è solo impressionante, ma tocca e prende possesso di tutta la personalità."






giovedì 29 dicembre 2016

Ancora su Foscolo



Leggendo queste righe di Jung, mi è venuto subito in mente l'esule Foscolo e la sua insuperabile, sempre insoddisfatta aspirazione a riunificarsi con la Madre-Terra-Patria-Materia:"Gli eroi sono spesso viandanti, l'andare errando è immagine dell'anelito incoercibile, del desiderio senza sosta che mai trova il suo oggetto, della ricerca della madre perduta."




sabato 24 dicembre 2016

Imo





dentro l'acqua gelida incarcerato, giù 
a sprofondo, nello 'nfernale addiaccio





domenica 18 dicembre 2016

FOREVER



Ai sepolcri imbiancati (di rosso)

sabato 17 dicembre 2016

Mitici



Fare musica perché si deve fare musica,
dire delle cose perché si deve dire delle cose:
poco rassicuranti, veri

venerdì 16 dicembre 2016

Il coltello che torna




Ancora una volta, ho assentito (questo
poi alla fine cerco) e m'hanno aperto
senza volerlo con un coltello il petto;
quindi han frugato tranquillamente
dentro, come in una caverna
inattesa e domestica, finendo
col trovare alcuni, dicono, del fuoco
immagini enormi d'animali, altri
purissimo vuoto


***


l'abisso, il coltello
nel costato è la caverna
una piaga caliginosa e luce
e sangue inesauribile radice
cheta prima e dopo
la verità che proprio non ha un verso
                                        un filo
affiora come fa una vena
di metallo preziosa tra le scorie
e scorie ancora e scoria spesso pare


***


Ecco che viene 
verso di te, con il coltello in mano 
d'un azzurro ultraterreno e t'apre
intero il petto: entrino dunque le nuvole 
nella ferita a sciami, restino pure 
                                          lì a guardare 
tu che le guardi fatto solo specchio
nell'occhio nella parola specchio nel petto
purissimo di cielo invaso tacendo




Poesie per i poveri di spirito - LT2016


L'equilibrio che non ho
non posso stare fermo 
quando aspetto l'ascensore
non saluto nessuno dei colleghi
la sempiterna voglia di picchiare qualcuno

I veccchi che ti aspettavi
morti , e te li ritrovi vivi
(e viceversa)


 (Sedie by LT2016)

Lascia








Inghiottimi lascia
ch'io dentro te scompaia
senza resto né fine
né fondo


mercoledì 14 dicembre 2016

Abbacinante





"Qui si può considerare anche il significato della nudità della donna divina nel suo aspetto "Durga": è il nudo abissale afroditico. La donna appare in essa come l'incarnazione della Prakrti, la femmina divina e la sostanza primordiale nascosta sotto le infinite forme della manifestazione (la si traduce spesso Natura, oppure Materia); nuda, la donna significa questa stessa sostanza sciolta da ogni forma, cioè nel suo stato"vergine" e abissale. Una danza originariamente sacra, come la danza "dei sette veli", dal fortissimo significato rituale e simbolico, indica proprio proprio lo sciogliersi via via dalle varie determinazioni o condizionalità ad esse riferentesi, concepite come tante vestimenta o involucri da gettar via, fino a raggiungere lo stato di completa "nudità", dell'essere assoluto e semplice, che è solo se stesso; significa il denudarsi della potenza femminile da tutte le sue forme fino a manifestarsi nella sua elementarità, nella sua sostanza "vergine" anteriore ad ogni forma."


(J.E.)

venerdì 9 dicembre 2016

A margine di alcune prose estive








Cercando in rete qualcosa a proposito del sentimento oceanico (Rolland), sensazione mistica di fusione/unità con il tutto che fonderebbe il sentimento religioso, mi sono imbattuto per caso in un articolo dal titolo La nostalgia dell’oceano, Guglielmo Campione, dove si può leggere:


"Rifacendosi a Haeckel Ferenczi dice che la nascita dell’uomo è contrassegnata dal trauma: una catastrofe e che i frammenti di questa storia perduta sono conservati come geroglifici nella psiche e nel corpo. Ferenczi propone di applicare ai grandi misteri della Genesi della specie il metodo di decifrazione psicoanalitico usato per comprendere i piccoli misteri della storia individuale.
Nelle produzioni psichiche individuali e collettive con grande frequenza si assiste all’immagine del pesce che nuota nell’acqua. Secondo Ferenczi questo simbolo sta contemporaneamente sia per significare il coito che la situazione intrauterina.
Ma aggiunge Ferenczi, non potrebbe darsi che questo simbolismo esprima anche una parte di sapere filogenetico inconscio relativo al fatto che discendiamo da vertebrati acquatici ? (il famoso amphiouxus lanceolatus antenato di tutti i vertebrati e anche dell’uomo secondo le teorie in voga nel 1924).
Tutta l’esistenza intrauterina dei mammiferi superiori non sarebbe altro che una ripetizione dell’antica forma di esistenza acquatica.
La stessa nascita rappresenterebbe la ricapitolazione individuale della grande catastrofe che con il prosciugarsi degli oceani ha costretto numerose specie animali a d adattarsi alla vita terrestre e rinunciare alla respirazione tramite branchie per sviluppare i polmoni.
Citando Bolsche allievo di Haeckel secondo cui gli antenati dei genitali maschili sono i Pasci e che per la salamandra il corpo materno diventa l’equivalente dello stagno, Ferenczi arriva ad azzardare che placenta e amnios sono gli equivalenti del modo di vita acquatico del pesce.
“Alcuni aspetti del simbolismo dei sogni suggeriscono l’esistenza di una profonda analogia simbolica tra il corpo materno e l’oceano da una parte, la terra madre nutrice dall’altra. L’uomo prima della nascita sarebbe un endoparassita acquatico e dopo la nascita un ectoparassita aereo della madre, per un certo periodo. Anche la terra e l’oceano erano i precursori della maternità e costituivano essi stessi una organizzazione protettrice, avvolgendo i nostri antenati animali.
Il simbolismo marino della madre è più arcaico di quello della Terra, più tardivo, dove il pesce gettato dal prosciugamento degli oceani ha dovuto adattarsi per il tempo necessario a trasformarsi in anfibio.
Numerosi miti primitivi cosmogonici rappresentano la terra che emerge dagli oceani.
Il fatto di essere salvato dalle acque e di galleggiarvi può simboleggiare sia la nascita (il parto, l’approdo sulla terra) che il coito mentre cadere nell’acqua costituisce il simbolo ancora più arcaico: il ritorno all’utero.
La leggenda del diluvio universale potrebbe essere rovesciata: la prima grande minaccia è il prosciugamento e l’emersione della terra dell’Ararat sarebbe la catastrofe originaria lì dove l’arca di Noè rappresenterebbe il corpo materno che contiene la vita.
Ferenczi si pronuncia a favore di Lamark contro Darwin in quanto più centrato sulla psicologia e sul ruolo che le tendenze e le pulsioni interne hanno nella filogenesi ed in quanto Darwin non spiega, se non con il caso, la presenza di ripetizioni di forme e modalità di funzionamento che si presentano nelle nuove forme di evoluzione. Non c’è evoluzione senza motivazione interna, dice Ferenczi, né cambiamento che non corrisponda all’adattamento a una perturbazione esterna.
Il desiderio di tornare all’oceano abbandonato nei tempi primitivi, la Regressione Talassale, un ambiente umido che contiene sostanze nutritive.
La madre è il simbolo e il parziale sostituto dell’Oceano e non l’oceano della madre.
Il liquido amniotico raffigura l’oceano introiettato nel corpo materno, dove, l’embrione nuota come un pesce nell’acqua."


Dal sito http://www.psychomedia.it/pm/grpind/sport/campione3.htm






mercoledì 7 dicembre 2016

Aiazzone



Una inesauribile miniera

domenica 4 dicembre 2016

Furia, ripetizione, (mono)mania dell'interpretazione. Foscolo 1






Per una rilettura dei tre più noti sonetti foscoliani



Nè più mai toccherò le sacre sponde
    Ove il mio corpo fanciulletto giacque,
    Zacinto mia, che te specchi nell’onde
    
4Del greco mar, da cui vergine nacque

Venere, e fea quelle isole feconde
    Col suo primo sorriso, onde non tacque
    Le tue limpide nubi e le tue fronde
    
8L’inclito verso di Colui che l’acque

Cantò fatali, ed il diverso esiglio
    Per cui bello di fama e di sventura
    
11Baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

Tu non altro che il canto avrai del figlio,
    O materna mia terra; a noi prescrisse
    
14Il fato illacrimata sepoltura.

Indubbiamente, riprendendo i sonetti più noti -scolastici persino- di Foscolo, come A Zacinto In morte del fratello Giovanni, ci si ritrova il tema, francamente lontanissimo, dello struggente sentimento dell'esule per la Patria, per la Terra Natale, come pure quello stavolta comprensibile della lontananza dagli affetti più cari. A rileggerli, però, questi sonetti, dietro la Patria sembra apparire la Grande Madre, l'Archetipo Materno del quale la Patria pare incarnazione particolare, forma storica determinata (come la Grande Dea primitiva ed orientale, come la Terra, la Natura, la Materia, )solitamente accompagnate dall'apposizione Madre; un Archetipo quindi politicamente mobilitante e produttivo, un intenso Archetipo anche politico, tanto profondo e violento da richiedere il sacrificio pubblico della vita. C'è comunque in Foscolo un acutissimo senso della separazione da un principio femminile, con il quale si desidera riunirsi ma che sappiamo irraggiungibile; un principio generatore che ci ha prodotti e dal quale siamo irrimediabilmente separati, per essere consegnati ad un'esistenza di irrequietezza e insoddisfazione, date appunto dalla lontananza rispetto all'Origine/Madre:  più mai toccherò le sacre sponde/ Ove il mio corpo fanciulletto giacque,/Zacinto mia.E difatti nel mare greco nasce la produttività femminile per eccellenza, Venere, della quale Zacinto porta nella fecondità il segno. Solo contatto possibile con il principio materno e femminile si ha però attraverso la poesia, unica forma del ritorno all'Origine è mediante la pratica poetica: Tu non altro che il canto avrai del figlio,/O materna mia terra;a noi prescrisse/Il fato illacrimata sepoltura. Perché questo improvviso plurale maiestatis? Forse perché non si riferisce solo a sé, ma a tutti noi? A tutti gli uomini, infatti, il fato impone, pone davanti il duplice aspetto dell'archetipo femminile, quello positivo della Terra che genera e quello negativo della Terra che distrugge e riassorbe: il testo principia con il corpo che fanciulletto giacque e si chiude con l' illacrimata sepoltura, appunto, dove la Madre Terra si fa, per tutti, alla fine Terra Straniera. Siamo davanti ad un principio psicologico ed esistenziale -di più: ontologico- sentito, denominato come femminile e sacro, la separazione dal quale costituisce la nostra nascita ed al tempo stesso fonda la nostra sofferenza ed insoddisfazione; solo il canto poetico riattinge l'origine.


Foscolo 2

    

      Un dì, s'io non andrò sempre fuggendo
     Di gente in gente, mi vedrai seduto
     Su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
     Il fior de' tuoi gentili anni caduto:

     La madre or sol, suo dì tardo traendo,
     Parla di me col tuo cenere muto:
     Ma io deluse a voi le palme tendo;
     E se da lunge i miei tetti saluto,

     Sento gli avversi Numi, e le secrete
     Cure che al viver tuo furon tempesta;
     E prego anch'io nel tuo porto quiete:

     Questo di tanta speme oggi mi resta!
     Straniere genti, l'ossa mie rendete
     Allora al petto della madre mesta.


La poesia però non solo ricollega all'Origine, ail principio femminile produttivo, alla Terra intesa come generatrice: la poesia rende materna, accogliente e umana anche la terra finale, quella della sepoltura:


Non vive ei forse anche sotterra, quando
gli sarà muta l'armonia del giorno,

se può destarla con soavi cure

nella mente de' suoi? Celeste è questa

corrispondenza d'amorosi sensi,

celeste dote è negli umani; e spesso

per lei si vive con l'amico estinto

e l'estinto con noi, se pia la terra

che lo raccolse infante e lo nutriva,
nel suo grembo materno ultimo asilo
porgendo, sacre le reliquie renda
dall'insultar de' nembi e dal profano
piede del vulgo, e serbi un sasso il nome


Tomba e poesia coincidono: l'una e l'altra fanno rivivere ciò che non è più, fanno convivere quello che è morto con quello che è vivo: una concezione sostanzialmente sciamanica della poesia. Attraverso le tombe e la poesia la terra ridiventa, anche alla fine, madre, in quanto piange i propri figli caduti, ed offre loro finalmente la pace. Lmadre mesta  al cui petto il poeta invita a rendere le sue ossa, fonde e condensa, in modo direi palese,  la figura della madre e quella della terra; una madre-terra nella quale trovare finalmente anche lui -traverso la morte- come il fratello pace ( E prego anch'io nel tuo porto quiete), dopo la tempesta e l'inquietudine insuperabili dell'esistenza. Attraverso la poesia/tomba la Terra cessa d'essere straniera e ridiventa madre: in questo sonetto Foscolo compie esattamente quel suo prefigurato star seduto/ Su la tua pietra, o fratel mio, gemendo.

E' attraverso poesia che la madre (terra) parla col cenere muto del figlio.
E' l'immaginata presenza del poeta sulla tomba del fratello che riconcilia la Madre/Terra con il figlio morto, il colloquio tra questi ultimi avviene per mezzo del poeta (la madre [...]Parla di me col tuo cenere muto). E'soltanto attraverso la mediazione della poesia che la Terra, la Materia, il Principio Femminile ridiventa accogliente e materno, rendendola appunto madre pietosa (nel suo grembo materno ultimo asilo/porgendo): è questo che consente nella morte di raggiungere la quiete, la pace (nel tuo porto quiete). La morte materna, la morte pietosa, non la morte-negazione assoluta che cancella ogni traccia di ciò che è stato (involve/tutte cose l'obblío nella sua notte), ma che conserva memoria dei morti attraverso il canto poetico. O meglio, mediante la tomba dalla quale sorge il canto (mi vedrai seduto/ Su la tua pietra; mendico un cieco errar sotto le vostre/ antichissime ombre, e brancolando/ penetrar negli avelli, e abbracciar l'urne,/ e interrogarle. Gemeranno gli antri/ secreti, e tutta narrerà la tomba -I Sepolcri -). E' quest'ultimo, il canto, la poesia a costituire la vera duratura tomba del defunto, che lo fa rivivere come spirito e memoria. La Terra diventa materna attraverso la poesia che ricorda e piange coloro sono stati e non sono più, e continuano ad essere come coloro che non sono più: al tempo stesso dunque sono e non sono. Pare proprio la negazione determinata hegeliana, la negazione dialettica, che nega, conserva e sublima/supera ciò che ha negato: aufhebung. Ed in questo punto Foscolo incrocia il pensiero a lui contemporaneo -Hegel appunto- con una concezione religiosa arcaica come lo sciamanesimo, una religione centrata sul rapporto con gli spiriti dei defunti, che lo sciamano rievoca e con i quali parla. Lo sciamanesimo e Maurice Blanchot, con la sua teoria -influenzata dall'hegelismo- della letteratura come morte, del linguaggio come realtà disincarnata.

Foscolo 3

      




     

     Forse perché della fatal quïete
     tu sei l'immago a me sì cara vieni
     o Sera! E quando ti corteggian liete
     le nubi estive e i zeffiri sereni,

     e quando dal nevoso aere inquïete
     tenebre e lunghe all'universo meni
     sempre scendi invocata, e le secrete
     vie del mio cor soavemente tieni.

     Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
     che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
     questo reo tempo, e van con lui le torme

     delle cure onde meco egli si strugge;
     e mentre io guardo la tua pace, dorme
     quello spirto guerrier ch'entro mi rugge.



Credo proprio, cioè sono convinto, che questo sonetto potrebbe benissimo intitolarsi Alla poesia; come ripetutamente detto, infatti, la poesia è intrecciata alla morte, davvero imago mortis, figura della morte. Non solo sorge, la poesia, come detto da essa, conservando il ricordo di coloro che non sono più, della morte è anche prefigurazione, in quanto fa Vagar [...] co' [...] pensier su l'orme/ che vanno al nulla eterno, anticipa cioè l'esito della fine; essa pure acquieta le angosce e le inquietudini che contrassegnano l'esistenza, anticipando anche in questo la pace finale, la fatal quiete che è la morte. Per Foscolo come detto l'esistenza significa separazione dal principio generatore femminile, è negazione e si presenta quindi come esiglio, cura (cioè angoscia e affanno), tempesta, sciagura, guerra. La morte è dunque, hegelianamente, negazione della negazione, che diviene negazione materna, umana, determinata per usare il linguaggio hegeliano, grazie alla poesia, che conserva attraverso il canto ciò che è morto/negato, esattamente come morto/negato. La poesia, anche per la quiete che produce -nel poeta e nel lettore- è morte in vita: petite mort.