domenica 11 novembre 2018

Innanzitutto, vita



In questa nuova raccolta poetica, Anna sembra davvero dispiegare una sua coerente e articolata “religione della vita”, una religione tutta terrestre che si sostanzia in vera e propria, e ribadita,  meditatio amoris, sentimento quest’ultimo nella sua poesia mai incorporeo e puramente spirituale: è piuttosto questo un sentimento-corpo, sentimento-carne, sentimento-sesso, materno e sensuale, materico, diffusivo ed unificante, che supera le opposizioni e i contrasti senza però mai cancellarli. Così mentre le stagioni della natura trapassano in quelle dell’uomo, e si recupera in una forma matura quell’unità panica perduta con l’infanzia, non si nasconde né si dimentica l’azione devastante e distruttiva del tempo, né si finge d’avere scovato -fittizio- in mezzo alle cose un ordine, ordine che piuttosto sempre sfugge, persino nelle faccende più banali e quotidiane. Lungo il disteso e meditato dipanarsi dei testi, con la loro religiosità naturale, terrena, a tratti quasi organica, non mancano balenamenti improvvisi; al riguardo, trovo bellissima, e di forte impatto archetipico, la composizione dedicata al seme maschile, allo sperma, autentico emblema della fecondità, quasi simbolo fluido della forza vitale, invincibile ed espansiva. Nei Misteri eleusini, profondamente collegati proprio ad una coppia di figure femminili (la madre Demetra, la figlia Persefone-Kore), giunti al culmine della cerimonia sacra -l’epopteia, la visione- si riporta che all’iniziato venisse semplicemente mostrata una spiga di grano: in figura, la vita che mai si annienta e che rinasce e che perdura. Ecco, in questa sua celebrazione poetica, materna e femminile della vita, Anna mostra invece al lettore il seme maschile, simbolo diverso eppure altrettanto intenso della Zoè, di quella che Kàroly Kerényi chiama “la vita indistruttibile”. Il seme lo sperma -la vita- che sopra la distruzione del tempo generando vince: epopteia.

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