martedì 30 giugno 2020

Lockdown


Durante l’intero lockdown -due mesi e mezzo buoni- quotidiana e violentissima la proiezione della mia Libido, sopra di lei, lei ch’era tanto ferocemente e nel continuo da me desiderata, tutta investita, sommersa quasi di puro desiderio, a distanza. L’essenziale -la Vita lei, lei la Libido- era dunque per me sempre altrove -a ripensarci, nient’altro che coscienza infelice, questa- e infatti intorno il deserto quasi il vuoto avevo e compariva. In fondo, io solo desiderare volevo, lei essere desiderata: l’uno e l’altra senza riserva alcuna; e aveva lei senz’altro più di me di tutto questo -oscuramente? lucidamente?- coscienza, e aveva l’abilità, certamente, e senza dubbio la bellezza, perché questa proiezione fosse, e fosse tanto forte. Questo dunque la desiderata desiderava -fino al disturbo però (fino al disturbo, proiettivo, anch’io) anzi soprattutto, o soltanto addirittura, nel disturbo, questo era in fondo il punto: l’ho realizzato solo alla fine, e forse non poteva essere altrimenti, quando proprio non avevo una sola altra scelta, spalle al muro- questo da me cercava: l’intensità totalizzante, l’assolutezza del desiderio, al quale desiderio io  bruciassi il mio passato senza residuo tutto: io soltanto, appunto, il mio, ch’era senza valore alcuno; lei  nel mentre del suo straordinario, assolutamente niente. Questo al fondo chiedeva, e io questo al fondo per quel che ricevevo offrivo. Al termine poi di un tale sconcertante proiettivo rogo -sacrificale- un incomprensibile del tutto inaspettato davvero sbalorditivo abbandono, l’ennesimo oltretutto, per certi versi comunque l’estremo. Intorno allora e a distanza -ovunque- per me desolazione, desolazione assoluta sembrava, sembrava e invece, invece la Libido -ah rovina possibile tu, tu sola eventuale salvezza-  sempre vive muove e muta, con tutte le sue forze fino in fondo si difende, così quello che intorno e prossimo era d’improvviso verde torna, e desiderato, e da morto, come per miracolo di nuovo -finalmente- vivo.




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