martedì 15 ottobre 2019

Phersu




"Phersu compare sugli affreschi della Tomba degli Auguri, a Tarquinia (530 A.C.). Su un muro della camera mortuaria due personaggi si affrontano. Il primo porta una maschera scura che gli nasconde il volto e una barba bianca(?) che sembra posticcia. Un'iscrizione lo designa come Phersu che significherebbe, quindi: uomo mascherato, portatore di maschera. Questo personaggio tiene una lunga corda che si attorciglia attorno alle gambe e alle braccia del suo avversario. Un'estremità di essa è legata al collare di un cane che morde la gamba sinistra del secondo lottatore, la cui testa è avvolta in un lenzuolo bianco e che, con la destra, impugna una mazza. Il sangue cola dalle sue ferite. Lo stesso gruppo di personaggi è rappresentata sulla parete opposta. L'uomo mascherato non ha più né guinzaglio né cane. Fugge a gambe levate inseguito dal suo avversario, verso il quale egli gira la testa, tendendo il braccio destro con la mano alzata. [...]"
(Jean Pierre Vernant, Figure idoli maschere)



"E concesso che Phersu sia un'anonima maschera (di chi?), è personaggio tragico o comico? Dove svolge la sua parte? Ma qual è la vera origine della voce Phersu? [...] Phersu è il dio dell'Averno, nel suo originario significato di "scissione", "divisione", "parte", e si pensa all'italiano "partire" che denota allontanarsi: per chi sa dove? La chiave di questo labirinto sgomentevole la ritroviamo a un tratto nascosta in sillabe trasparenti, come il babilonese persu (separazione) dal verbo parasu (separare, fare in parti), da cui ha origine anche parsu (diviso), il latino pars. Dalla base semitica sorge anche l'ebraico pàras nel senso di "dividersi", "separarsi", "allontanarsi".

 (Giovanni Semerano, Il popolo che sconfisse la morte)


Phersu, ho dunque letto (o così mi pare d'aver fatto) -J.P. Vernant, Figure idoli maschere- è il dio infero etrusco che indossa la maschera, la quale maschera al contempo cela e mostra la morte, vero e proprio volto, essa,  della morte: la maschera mortuaria, nota Vernant (?) appunto copre e insieme rivela le fattezze del morto. Il cruento rito-gioco sacrificale, presente nella Tomba degli Auguri, è possibile quindi raffiguri Phersu che tormenta nell'oltretomba un trapassato, con esso giocando crudelmente e beffardamente allontanandosi. Lo scontro gladiatorio, visto derivare da questi violenti giochi funebri, assumerebbe in questo modo altra pregnanza e significato, diventando raffigurazione di questo sinistro gioco ultraterreno. Una scena dunque, quella gladiatoria, legata alla morte, non solo perché la precede e la implica, ma anche perché rappresentazione dello scontro-gioco post mortem.
Da Phersu -dio infero e mascherato, beffardo e mortuario- nella nostra lingua "persona, "personaggio"; sempre da Phersu -con altri, Wotan innanzitutto- Arlecchino.


Io avevo pensato a "perdere", che deriverebbe da "per" ( indicante deviazione, malo modo) "dare" , "mandare in rovina": la mia fantasiosa etimologia sarebbe, invece,  "Phersu" "dare", dare al dio degli Inferi, al dio infero.


L'atroce gioco funebre, raffigurato nella Tomba degli Auguri, presenta come detto due figure: una mascherata -Phersu, appunto- con al guinzaglio un cane feroce da lui aizzato, e  una fune per imbrigliare il tormentato-contendente; l'altra figura, invece, resa cieca -bendata- da un sacco o lenzuolo, dotata di un randello, o clava, con la quale dovrebbe abbattere il cane, o Phersu stesso: ne discendono i gladiatori, certo, ma anche -dalla seconda figura- la pentolaccia. L'atroce origine della pentolaccia. 







Lossia

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