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L’arte dell’uomo primordiale (I)
Un testo di una bellezza e di una densità abbaglianti
“Quando la bestia, o l’uomo, sono ”sacrificali”, in essi entra sostanziale e sorgiva la virtù immaginaria, per cui essi presentano un significato, un valore, che non avevano, o altro da quello che essi hanno: essi sono la polarità nutrimenti-distruzione, vita-morte, terra-cielo. Sono animali divinità: della veemenza, dell’aggressione, della ferocia, della fuga (la renna, la lepre); oppure del riposo, della rigenerazione, della fecondità.
Così la bestia incavernata, o sotterranea, delle ere antichissime non solo ci è testimoniata nell’arte, ma è anche residuata nelle formulazioni dell’immginario Mitico delle epoche storiche: nella descrizione dei mondi chetoni, suboceanici, inferi, ipogeici, e sono bestie ”demoniache”. Cavalli che dimorano negli inferi, che scompaiono sottoterra o nei laghi o nel mare. E allora si pensa ai cavalli dell’arte paleolitica, di una veemenza espressiva assoluta, ai bisonti divenuti monumentali e paradigmatici, ai tori gremiti di furia ierofanica, alle cerve. (Emilio Villa) -continua-
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