In questa nuova raccolta poetica, Anna sembra davvero
dispiegare una sua coerente e articolata “religione della vita”, una religione
tutta terrestre che si sostanzia in vera e propria, e ribadita, meditatio
amoris, sentimento quest’ultimo nella sua poesia mai incorporeo e puramente
spirituale: è piuttosto questo un sentimento-corpo, sentimento-carne, sentimento-sesso,
materno e sensuale, materico, diffusivo ed unificante, che supera le
opposizioni e i contrasti senza però mai cancellarli. Così mentre le stagioni
della natura trapassano in quelle dell’uomo, e si recupera in una forma matura
quell’unità panica perduta con l’infanzia, non si nasconde né si dimentica
l’azione devastante e distruttiva del tempo, né si finge d’avere scovato -fittizio-
in mezzo alle cose un ordine, ordine che piuttosto sempre sfugge, persino nelle
faccende più banali e quotidiane. Lungo il disteso e meditato dipanarsi dei
testi, con la loro religiosità naturale, terrena, a tratti quasi organica, non
mancano balenamenti improvvisi; al riguardo, trovo bellissima, e di forte
impatto archetipico, la composizione dedicata al seme maschile, allo sperma,
autentico emblema della fecondità, quasi simbolo fluido della forza vitale,
invincibile ed espansiva. Nei Misteri eleusini, profondamente collegati proprio
ad una coppia di figure femminili (la madre Demetra, la figlia Persefone-Kore),
giunti al culmine della cerimonia sacra -l’epopteia,
la visione- si riporta che all’iniziato venisse semplicemente mostrata una
spiga di grano: in figura, la vita che mai si annienta e che rinasce e che perdura.
Ecco, in questa sua celebrazione poetica, materna e femminile della vita, Anna
mostra invece al lettore il seme maschile, simbolo diverso eppure altrettanto
intenso della Zoè, di quella che
Kàroly Kerényi chiama “la vita indistruttibile”. Il seme lo sperma -la vita-
che sopra la distruzione del tempo generando vince: epopteia.
domenica 11 novembre 2018
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