mercoledì 17 agosto 2016

DE LA CAUSA






"Noi veggiamo che tutte le forme naturali cessano dalla materia e novamente vegnono nella materia; onde par realmente nessuna cosa essere costante,  ferma e degna di avere estimazione di principio, eccetto che la materia. Oltre che le forme non hanno essere senza la materia, in quella si generano e si corrompono, dal seno di quella esceno ed in quello si accogliono; però la materia la qual sempre riman medesima e feconda, deve aver la principal prerogativa d'esser conosciuta sol principio substanziale, e quello che è, e che sempre rimane; e le forme tutte insieme non intenderle se non come che sono disposizioni varie della materia, che sen vanno e vegnono, altre cessano e se rinuovano. Però si son trovati di quelli che hanno concluso al fine che quelle forme non son che accidenti e circostanze della materia; la quale appresso quelli è un principio necessario, eterno e divino, come a quel moro Avicebron che la chiama "Dio che è in tutte le cose";  il quale moro tenne a vile ogni qualsivoglia forma in comparazione della materia stabile, eterna progenitrice e madre.  [....]

E da essa materia, non men comodo sarà esplicare le forme come da un implicato che distinguerlo come da un caos, che distribuirle come da una fonte ideale, che cacciarle in atto come da una possibilità, che riportarle come da un seno, che dissotterrarle alla luce come da un cieco e tenebroso abisso.. [...]

Dunque la materia non è quel prope nihil, quella potenza pura, nuda, senza atto, senza virtù e perfezione. Io la dico privata de le forme e senza quelle, non come il ghiaccio è senza calore, il profondo è privato di luce, ma come la pregnante è senza la sua prole, la quale la manda e la riscuote da sé; e come in questo emisfero la Terra, la notte, è senza luce, la quale con il suo riscuotersi è potente di riacquistare. [...]

Non sei tu quello che, sempre parlando del novo essere delle forme nella materia o della generazione delle cose, dici le forme precedere e sgombrare da l'interno de la materia, e mai fuste udito dire che per opera d'efficiente vengano da l'esterno, ma che quello le riscuota da dentro? Lascio che l'efficiente chiamato da te con un comun nome Natura, lo fai pur principio interno e non esterno, come avien ne le cose artificiali. E allora mi par convegna dire che non v'è forma ch'essa materia riceva da fuora, e mi pare convegna dire che l'abbia tutte, le forme, quando si dice cacciarle tutte dal suo seno. [...]

Quella dunque la quale esplica ciò che tiene implicato, deve essere chiamata cosa divina e ottima parente, genetrice e madre di cose naturali, anzi la natura tutta in sustanza."
                                                                                                                                  Giordano Bruno


Un testo entusiasmante, nella visione filosofica proposta -una materia divina, dinamica, infinita e onniforme: una concezione immanente, naturalistica e materna della divinità- visione la quale  fa tutt'uno in lui con lo stile, uno stile lussureggiante, metamorfico, quasi barocco, vitalissimo.  In una parola, a pensarci bene, dionisiaco.


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